TUTTO PER NATALE
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Natale in Italia
Natale ricorda la natività di Gesù Cristo. Il ciclo natalizio
(periodo) corrisponde a dodici giorni (da Natale all'Epifania) e presenta i riti
comuni delle feste d'inizio d'anno (riti di eliminazione, di purificazione,
prodigi) e riti particolari, nuovi o rinnovati in rapporto al nuovo significato
assunto nel clima cristiano. Nella fantasia popolare si racconta che Natale
avvengano molti prodigi: a mezzanotte, che si fa coincidere con l'ora della
nascita di Gesù, gli alberi fioriscono, gli animali parlano nelle stalle, oro e
miele scorrono nei fiumi e nelle fontane: chi però assiste a tali prodigi muore
all'istante.
In Italia il tema della natività ha ispirato pittori e scultori,
scrittori e autori di laude (componimenti che si rappresentavano in periodo
medievale).
Grande era la solennità del Natale. Per tale occasione il
capofamiglia radunava tutti i componenti e bruciava ginepro imbevuto nel vino;
bruciava talora anche il ceppo di Natale. A Natale si facevano gli auguri di
persona e per posta; i doni sono d'obbligo. Babbo Natale, la cui tradizione è
molto diffusa, porta i doni. è la festa dei bambini con balocchi; nelle case si
cuocevano dolci poveri, pane dolce, da cui, in particolare, nelle regioni del
Nord il panettone, e, in certi luoghi, il torrone e il mandorlato
Natale ricorda la natività di Gesù Cristo. Il ciclo natalizio
(periodo) corrisponde a dodici giorni (da Natale all'Epifania) e presenta i riti
comuni delle feste d'inizio d'anno (riti di eliminazione, di purificazione,
prodigi) e riti particolari, nuovi o rinnovati in rapporto al nuovo significato
assunto nel clima cristiano. Nella fantasia popolare si racconta che Natale
avvengano molti prodigi: a mezzanotte, che si fa coincidere con l'ora della
nascita di Gesù, gli alberi fioriscono, gli animali parlano nelle stalle, oro e
miele scorrono nei fiumi e nelle fontane: chi però assiste a tali prodigi muore
all'istante.
In Italia il tema della natività ha ispirato pittori e scultori,
scrittori e autori di laude (componimenti che si rappresentavano in periodo
medievale).
Grande era la solennità del Natale. Per tale occasione il
capofamiglia radunava tutti i componenti e bruciava ginepro imbevuto nel vino;
bruciava talora anche il ceppo di Natale. A Natale si facevano gli auguri di
persona e per posta; i doni sono d'obbligo. Babbo Natale, la cui tradizione è
molto diffusa, porta i doni. è la festa dei bambini con balocchi; nelle case si
cuocevano dolci poveri, pane dolce, da cui, in particolare, nelle regioni del
Nord il panettone, e, in certi luoghi, il torrone e il mandorlato
Natale del primo Novecento
La settimana che precede il Natale era dedicata alla novena, ai
doni ed alle visite di augurio. La novena in chiesa era frequentatissima, da
persone di ogni ceto e molti, prescindendo dalle convinzioni, ancora oggi la
frequenterebbero, non fosse altro che per adagiarsi nei ricordi dell'infanzia e
per l'attaccamento alle usanze paesane. La funzione si teneva nelle chiese
principali; di sera nel duomo convenivano in modo speciale i giovani col vestito
migliore per farsi distinguere dal gentil sesso, ponendo le basi di flirt per il
carnevale e la primavera.
Natale era la gioia dei bambini che, davanti al
presepe eretto in una cappella, ricordavano l'evento della cristianità. Per
allestirlo, tutta la comunità locale concorreva a crearlo con sempre nuovi
scenari ed accorgimenti tecnici.
In casa si faceva il presepio, che era la
disperazione delle mamme perché, se volevano la pace in casa, dovevano concedere
ai figli la costruzione e il conseguente disordine, l'impiego anormale dei
mobili e dei drappi; i ragazzini andavano nei prati a raccogliere zolle, rami e
muschio, con pericolo di raffreddori; comperavano le statuine, i ceri ed altri
ammenicoli senza fine.
Nelle feste natalizie sono di circostanza i doni. Una volta si usavano, in tutte
le classi sociali, verso coloro da cui si dipendeva e da cui si attendevano
favori. Così un paio di capponi grassi o il tacchino, un fiasco di vino scelto,
i dolci od altro si regalavano al medico, alla levatrice, ai maestri di scuola,
dai fittavoli ai propri padroni. I bottegai regalavano ai clienti qualche
prodotto scelto nel loro magazzino; in questa fausta ricorrenza i clienti davano
mance ai fattorini. Nella seconda metà del Novecento le visite sono state
sostituite dai biglietti d'auguri, e oggi da telefonate o sms. Nei paesi, i
dipendenti comunali facevano visita alle autorità. Per l'occasione tutti gli
impiegati indossavano una giubba di panno nero e il vestito di circostanza. La
camicia era con i merletti, il panciotto di raso, i guanti di pelle.
Il
pasto della sera della vigilia, a cui ci si preparava con il digiuno, era
caratterizzato dalla tradizionale minestra di lasagne (a ricordo, nella fertile
fantasia del popolo, delle fasce che avvolgevano il Bambin Gesù). Il resto del
pranzo era costituito da lumache, anguilla marinata, merluzzo e spinaci. Le
corna delle lumache rappresentavano quelle della discordia che dovevano essere
seppellite nello stomaco per ben preparasi al Natale. Si andava a letto presto
per alzarsi verso mezzanotte per recarsi alla messa tradizionale. Spesso non si
consumava tutto il pane per preservarne una parte che sarebbe servita a curare i
dolori di ventre: si diceva che quel pane non si sarebbe ammuffito mai. La
grande preoccupazione dei ragazzini erano la recita della poesia di Natale e la
preparazione della lettera d'augurio ai genitori, compensata dal regalo tanto
atteso. Era scritta in bella calligrafia, sotto la sorveglianza della maestra o
della sorella maggiore, in carta adorna di pizzi e vignette di occasione. Nel
preparare la tavola per il pranzo di Natale veniva nascosta nel tovagliolo o
piatto del papà, che doveva manifestare la più grande sorpresa nel ritrovarla. I
poveri, alla vigilia, entravano con un cesto nelle case dei benestanti per
ricevere prodotti commestibili.
Nelle case signorili le persone di servizio
sedevano assieme a tavola per dimostrare l'uguaglianza predicata da Gesù.
Risotto (dove c'erano le risaie), cappone, tacchino, mostarda erano le vivande
tradizionali del pasto natalizio dei ricchi. Un po' ovunque nel Veneto c'erano i
tortellini con brodo di cappone e mostarda con ricotta, merluzzo, cipolle
ripiene, risotto e focacce quelle dei contadini. Non si mangiavano le mele
perché erano il pomo della discordia, ma uva conservata fresca, arance e frutta
secca. Il panettone inizia ad essere diffuso ampiamente dopo gli anni Cinquanta.
Il Natale è il giorno di pace e di riconciliazione. Nel giorno di Natale
non si doveva lavorare perché portava male. Chi lavorava in tal giorno, diceva
la tradizione, avrebbe avuto le mani gonfie. .
le classi sociali, verso coloro da cui si dipendeva e da cui si attendevano
favori. Così un paio di capponi grassi o il tacchino, un fiasco di vino scelto,
i dolci od altro si regalavano al medico, alla levatrice, ai maestri di scuola,
dai fittavoli ai propri padroni. I bottegai regalavano ai clienti qualche
prodotto scelto nel loro magazzino; in questa fausta ricorrenza i clienti davano
mance ai fattorini. Nella seconda metà del Novecento le visite sono state
sostituite dai biglietti d'auguri, e oggi da telefonate o sms. Nei paesi, i
dipendenti comunali facevano visita alle autorità. Per l'occasione tutti gli
impiegati indossavano una giubba di panno nero e il vestito di circostanza. La
camicia era con i merletti, il panciotto di raso, i guanti di pelle.
Il
pasto della sera della vigilia, a cui ci si preparava con il digiuno, era
caratterizzato dalla tradizionale minestra di lasagne (a ricordo, nella fertile
fantasia del popolo, delle fasce che avvolgevano il Bambin Gesù). Il resto del
pranzo era costituito da lumache, anguilla marinata, merluzzo e spinaci. Le
corna delle lumache rappresentavano quelle della discordia che dovevano essere
seppellite nello stomaco per ben preparasi al Natale. Si andava a letto presto
per alzarsi verso mezzanotte per recarsi alla messa tradizionale. Spesso non si
consumava tutto il pane per preservarne una parte che sarebbe servita a curare i
dolori di ventre: si diceva che quel pane non si sarebbe ammuffito mai. La
grande preoccupazione dei ragazzini erano la recita della poesia di Natale e la
preparazione della lettera d'augurio ai genitori, compensata dal regalo tanto
atteso. Era scritta in bella calligrafia, sotto la sorveglianza della maestra o
della sorella maggiore, in carta adorna di pizzi e vignette di occasione. Nel
preparare la tavola per il pranzo di Natale veniva nascosta nel tovagliolo o
piatto del papà, che doveva manifestare la più grande sorpresa nel ritrovarla. I
poveri, alla vigilia, entravano con un cesto nelle case dei benestanti per
ricevere prodotti commestibili.
Nelle case signorili le persone di servizio
sedevano assieme a tavola per dimostrare l'uguaglianza predicata da Gesù.
Risotto (dove c'erano le risaie), cappone, tacchino, mostarda erano le vivande
tradizionali del pasto natalizio dei ricchi. Un po' ovunque nel Veneto c'erano i
tortellini con brodo di cappone e mostarda con ricotta, merluzzo, cipolle
ripiene, risotto e focacce quelle dei contadini. Non si mangiavano le mele
perché erano il pomo della discordia, ma uva conservata fresca, arance e frutta
secca. Il panettone inizia ad essere diffuso ampiamente dopo gli anni Cinquanta.
Il Natale è il giorno di pace e di riconciliazione. Nel giorno di Natale
non si doveva lavorare perché portava male. Chi lavorava in tal giorno, diceva
la tradizione, avrebbe avuto le mani gonfie. .
Albero, presepio e Natale oggi
L'albero, che rappresenta il centro della festa in molti Paesi
dell'Europa, è entrato solo nel dopo-guerra in Italia e spesso solo nelle classi
agiate. Antichissima caratteristica da noi italiani era il pre-sepio, diffuso in
tutta la Penisola. Oggi è spesso tralasciato o trasformato in presepio vivente:
per-sonaggi vari, pastori nonché Gesù, Maria e Giuseppe sono persone del posto.
Si vuole che nel 1223 a Greccio, piccolo centro dell'Alto Lazio ai confini
con l'Umbria, San Fran-cesco avesse dato vita alla sacra rappresentazione della
nascita di Gesù, ossia al presepio italiano. Da quel primo avvio, si diffuse
progressivamente. Si deve a Giovanni da Capestrano la diffusione della
rappresentazione a dimensione naturale di Gesù e della Sacra Famiglia destinata
a devozione quotidiana e domestica.
Le realizzazioni, in legno, cartapesta,
cera, terraglia, caratterizzano i presepi.
Nel Napoletano le raffigurazioni
spesso estranee alla tematica evangelica sono ispirate alla civiltà, alla
cultura, alla vita quotidiana partenopea.
Da prima di Natale al 2 febbraio
(festa della Candelora) i presepi sono esposti e visitati da principi e
popolani, clero e borghesia.
La vocazione laica dei presepi napoletani è
riportata nelle Gazzette che davano notizia dei più fan-tasiosi ed inusuali.
L'albero, che rappresenta il centro della festa in molti Paesi
dell'Europa, è entrato solo nel dopo-guerra in Italia e spesso solo nelle classi
agiate. Antichissima caratteristica da noi italiani era il pre-sepio, diffuso in
tutta la Penisola. Oggi è spesso tralasciato o trasformato in presepio vivente:
per-sonaggi vari, pastori nonché Gesù, Maria e Giuseppe sono persone del posto.
Si vuole che nel 1223 a Greccio, piccolo centro dell'Alto Lazio ai confini
con l'Umbria, San Fran-cesco avesse dato vita alla sacra rappresentazione della
nascita di Gesù, ossia al presepio italiano. Da quel primo avvio, si diffuse
progressivamente. Si deve a Giovanni da Capestrano la diffusione della
rappresentazione a dimensione naturale di Gesù e della Sacra Famiglia destinata
a devozione quotidiana e domestica.
Le realizzazioni, in legno, cartapesta,
cera, terraglia, caratterizzano i presepi.
Nel Napoletano le raffigurazioni
spesso estranee alla tematica evangelica sono ispirate alla civiltà, alla
cultura, alla vita quotidiana partenopea.
Da prima di Natale al 2 febbraio
(festa della Candelora) i presepi sono esposti e visitati da principi e
popolani, clero e borghesia.
La vocazione laica dei presepi napoletani è
riportata nelle Gazzette che davano notizia dei più fan-tasiosi ed inusuali.